L'Isola dei famosi che ho sognato
La storia che mi ha regalato Morfeo su un reality da troppo tempo senza narrativa
Il titolo del post non è uno scherzo, è successo letteralmente. Ho sognato L’Isola dei famosi. Non di parteciparvi, sia chiaro, ho sognato una edizione dell’Isola così come veniva concepita a livello autoriale, con le idee poi messe in campo. E, proprio come i sogni insegnano, è un’Isola decisamente fantascientifica. Nel senso che, così com’era pensata nel sogno, qui in Italia non si farà mai. Irrealizzabile. Per mancanza di coraggio e di lealtà nel tenere fede a una linea editoriale.
Non è la prima volta che mi capita di sognare idee in ambito televisivo. Anzi, spesso e volentieri le sfrutto per creare poi bozze, spunti, elementi che possano tornare utili nell’ideazione di un format. A prescindere che siano idee bizzarre o semplici intuizioni rivisitate. Chi mi conosce sa già che da diversi anni, nel tempo libero, mi diletto a scrivere format che finiscono poi su scrivanie e laptop senza (per ora) trovare concreta realizzazione, permettendomi però di incontrare dirigenti di azienda, società, capi format.
Fatta questa dovuta premessa, tento di riassumere il sogno di cui parlo. Perché non posso certo descrivervi le scene che ho visto di punto in bianco, senza alcun contesto. Devo prima illustrarvi cosa c’era alla base di tutto. Lo farò da qui in poi parlando al presente o al futuro.
È un’Isola in cui i concorrenti sono separati (e non è una novità) in due isole differenti (idem, è stato fatto) attraverso una ferrea selezione in partenza: i giovani poveri e “comuni” (under 35), i ricchi adulti e vip (over 50). La linea narrativa dell’edizione: lo scontro generazionale, i diritti dei giovani calpestati regolarmente dagli adulti che fottono il mondo, quello vero. Con la possibilità, nel gioco, di rovesciare la medaglia.
La divisione in tribù diverse è stata già tentata in altre edizioni. Ricordiamo Buriños vs. Rafinados, oppure Accoppiati vs. Sgamadi. Il punto è che questa divisione è sempre durata quanto un gatto in tangenziale. Gli autori, a corto di storyline da sviluppare, distruggevano tutto l’impianto al primo cenno di incapacità di proseguire oltre nel racconto.
Se c’è una cosa che manca all’Isola dei famosi, ormai da tempo, è una narrativa generale solida e ben costruita che vada oltre il solito canovaccio del riso che manca, la fame che morde, i mosquitos che pungono, il serpente che fa bu, il fuoco che non si accende, la tempesta che abbatte la capanna, che fa tanto il cielo è blu, domani è un altro giorno, quanto è scontata la vita.
La morte dell’Isola di questi anni è appunto la scontatezza, l’effetto di rivivere sempre le stesse cose con personaggi fantasma, una replica della replica a partire dai concorrenti che si buttano dall’elicottero, considerata una tradizione dai fan del format. Nell’epoca attuale, dove lo spettatore è in cerca di qualcosa di coinvolgente, super dettagliato, curato, che lo conduca in un mondo lontano dalle schifezze che accadono nella realtà, gli show televisivi italiani offrono spesso e volentieri superficialità che si traduce in allontanamento del pubblico. Il reality made in Italy si concentra troppo sulle storie deboli dei singoli, spesso nemmeno createsi all’interno del programma ma all’esterno, senza reggere una storia di fondo che leghi tutti gli eventi che accadono ai concorrenti.
Nell’Isola che ho sognato, basata sullo scontro generazionale tra 10 giovani poveri e “comuni” contro 10 ricchi adulti e vip, la diretta non esiste, avvicinandola al modello Survivor, il format originale statunitense. I ricchi adulti, che potrei identificare come “turisti”, hanno il giusto cibo a disposizione e vivono in palafitte solide e con comfort di base. I giovani poveri, che sarebbero invece i veri “naufraghi”, provano l’esperienza standard dell’Isola, patendo la fame in capanne costruite alla buona.
Una delle prove è di carattere survival, con musiche tensive e riprese movimentate da thriller. I miserabili invitano, su richiesta della produzione, 2 concorrenti ricchi per un trattamento di bellezza, di buon auspicio nel rapporto tra le due categorie che si contendono la vittoria di un montepremi finale sostanzioso, da dividere tra tutti i partecipanti rimasti ed entrati alla finale. Non è un’Isola a partecipazione individuale, ma davvero collettiva, fino all’ultimo istante.
Tornando alla prova, i ricchi non sanno che, una volta sull’isoletta dei poveri, non riceveranno niente. Anzi, dovranno fuggire, riuscendo a trovare le due barche (da un posto ciascuna) sull’isoletta. Quella dei miserabili è infatti un’imboscata: se si faranno catturare dai 4 inseguitori, i 2 concorrenti saranno “merce di scambio” per ottenere dall’isola dei ricchi l’invio di alcuni beni mancanti, trattando con il loro leader. Se al contrario i poveri non riescono a catturare nessuno, subiscono un razionamento. Sarebbe soltanto l’inizio, la miccia, di una storyline che andrebbe avanti per tutto il resto delle puntate, tra scontri di ideali, trappole, sfide, spie infiltrate (new entry), rovesciamento dello status quo.
Questo è ciò che Morfeo mi ha regalato in sonno. Realizzabile nel concreto (non c’è niente che faccia esplodere il budget), irrealizzabile nella sostanza per incapacità editoriali. Inoltre, ragionando nella realtà, andrebbero fatte delle aggiunte. Le altre sfide non sarebbero decise sulla sola base della forza fisica, vista la concreta disparità tra le due fazioni nell’alimentazione a disposizione. Le nomination eliminerebbero due concorrenti a puntata, uno per ciascuna fazione, per evitare uno squilibrio che farebbe scoppiare tutta la storyline. Gli eliminati, prima di essere espulsi definitivamente, potrebbero sempre giocarsela su una terza isoletta di riserva.
Più che la conduzione, più che gli opinionisti, più che una nuova palapa, il problema dell’Isola sono i contenuti. Il more of the same, la noia. Davvero si può pensare che basti vedere Mario Adinolfi disperato magnarse a momenti pure la sabbia per fare ascolto? Nel 2025 non può più essere così semplice.
La decisione di Mediaset di far partire L’Isola dei famosi a maggio, dopo due reality, e con finale a luglio, restituisce la sensazione che questo sia il canto del cigno, una produzione avviata tanto per onorare il contratto. Il fatto che The Couple abbia conseguito nelle ultime puntate dei risultati d’ascolto indecenti, potrebbe però far cambiare idea… il destino dell’Isola 2025 è tutto da scrivere.