C'è vita per gli anime: Rai2 dovrebbe approfittarne (e anche Nove)
Il buon riscontro di Goldrake U riaccende le speranze dell'animazione giapponese sulla Tv generalista, abbandonata nonostante l'offerta sia enorme e la domanda ai massimi
Nessuno ci avrebbe scommesso un solo centesimo, con ipotesi alla vigilia tra lo 0 virgola e il 2% di share. E invece Goldrake U, reboot della storica serie animata di Go Nagai, ha sorpreso tutti: in una serata a fortissima concorrenza, quella del 6 gennaio tra finale di Supercoppa italiana e lo speciale Lotteria Italia di Affari tuoi, l’anime in esclusiva su Rai2 ha conquistato 1.100.000 telespettatori pari al 5,1% di share.
Il prodotto è in realtà mediocre per gli alti standard produttivi cui alcuni progetti nipponici hanno abituato il pubblico di appassionati occidentali, ma è bastato il nome per richiamare una buona fetta di nostalgici e adulti un tempo bimbi. Il risultato di Goldrake U serve a far capire a molti dirigenti che c’è mercato per l’animazione giapponese sulla Tv italiana, anche sulle principali reti generaliste. Con delle logiche importanti di cui tenere conto, che spiegherò di seguito, cercando di dare qualche idea e consiglio da giornalista televisivo appassionato di sakuga (per semplificare, animazione giapponese allo stato dell’arte, realizzata da veri e propri maestri).
Dico fin da subito che non mi rivolgerò a Mediaset, con cui è inutile insistere. Nonostante in Germania, ad esempio, sia coinvolta con MFE nella società ProSiebenSat.1 Media che sul digitale terrestre possiede un canale come ProSieben Maax con anime recentissimi a target sia kids sia adulto da far impallidire Italia2. L’articolo è soggettivo e fornisce quelle che credo possano essere linee guida utili qualora Rai2 o Nove (chiarisco perché fra un po’ di righe) desiderino riportare in auge l’animazione giapponese sui loro schermi. Un genere totalmente abbandonato dalle Big italiane con spiegazioni deboli e troppo legate alla eccessiva targetizzazione. Un genere che in patria sta conoscendo un nuovo periodo d’oro e che sulle piattaforme streaming spopola perché “contenuto premium”.
(Nei link forniti, schede o trailer delle serie citate)
Un mercato in attesa di gente capace
L’offerta nipponica, dicevo, è ampia. La domanda (il pubblico) esiste, l’attaccamento di questa “nicchia di tante nicchie” è forte e lo testimonia la voglia delle piattaforme di avere in catalogo gli anime più importanti della stagione in grado di portare abbonamenti su quel target. Nel tempo Mediaset ha progressivamente abbandonato questo campo in un momento che era sfavorevole per il genere e per il suo mercato pubblicitario italiano e non lo ha più ripreso come prima: pochissimi sono stati i tentativi di acquisire anime, per lo più legandoli a canali minori (con My hero Academia, One Piece) o a franchise importanti del passato (Dragon Ball, Lupin, Holly e Benji).
C’è stato anche un altro problema. L’assenza di dirigenti capaci a comprendere il prodotto, di dialogare con i detentori dei diritti all’estero e di adattare l’animazione giapponese alla contemporaneità dei palinsesti italiani e di chi guarda la Tv. Perché, come ogni produzione, non tutti gli anime sono buoni per un canale e il suo pubblico. Soprattutto, gli anime rispetto ai classici serial americani ed europei hanno tendenzialmente una complessità superiore nei temi e nei linguaggi.
Esiste pure un problema culturale tra occidente e oriente, per come i giapponesi adoperano l’animazione per veicolare messaggi adulti al contrario del punto di vista occidentale, che individua nell’animazione un mezzo d’intrattenimento quasi esclusivo per famiglie e bambini, al massimo adolescenti. Un tempo, stava ai dirigenti trovare un punto di incontro, mediare logiche orientali e occidentali, superando quest’ignoranza (insita e radicata anche in loro). Oggi, in ogni caso, lo spettatore (anche più casual) è abituato a essere autodidatta e comprende cos’è un anime. Non c’è nemmeno più bisogno della mediazione. Sono i dirigenti attuali a non capire che il pubblico si è fatto esperto per l’abbondanza di offerta e piattaforme.
L’esclusività del prodotto
Goldrake U ha avuto dalla sua una fortuna non da poco: l’esclusività del prodotto, con la Rai che si è accaparrata i diritti di trasmissione per una prima visione assoluta in Italia. La questione dell’esclusiva e delle tempistiche celeri della trasmissione sono due punti cardine che valgono per gli anime quanto per le serie tv americane (anche se oggi, di grandi serie tv americane realizzate da network generalisti, come Lost, Dr. House o Arrow, non esistono più). Valeva per le produzioni top d’America e vale per le produzioni top del Giappone, ognuno per la propria specialità.
Nel caso degli anime, bisogna superare la concorrenza agguerritissima di Crunchyroll (principale piattaforma streaming specializzata per l’animazione giapponese) e quella di Netflix. In particolare, Crunchyroll adotta il metodo del simulcasting e del simuldub. Cosa vuol dire? Significa che Crunchyroll trasmette l’anime in contemporanea con il Giappone distribuendo il prodotto con i soli sottotitoli e in seguito, generalmente una o qualche settimana dopo, rende disponibile il doppiaggio (solo per le serie più attese). Questa metodica vi ricorda qualcosa? È la stessa strategia che in genere adotta Sky per i prodotti di punta HBO (ad esempio, House of the Dragon). Lo fanno perché devono battere la pirateria, impedire che i fan sfruttino canali illegali sottraendo ascolti e guadagni.
Per la Tv generalista italiana sono strategie da “contenuto premium”, quasi impossibili da attuare. Per questioni economiche e di palinsesto. Margini di manovra, tuttavia, ci sono.
Un anime importante può resistere al “saccheggio” delle piattaforme streaming specializzate e dei canali di distribuzioni illegali, mantenendo un valore anche a mesi di distanza dalla messa in onda originale.
Non tutti i prodotti di animazione più pregiati arrivano sul mercato europeo con sottotitoli italiani o doppiaggio. Questo ragionamento è quanto più valido per tutti quegli anime big prodotti in un periodo in cui lo streaming non era ancora forte e già Italia1 faceva altro. In questa casistica rientrano molti anime da poter valorizzare.
Esistono anime di seconda fascia che pur ignorati dallo streaming per mancati accordi economici possono avere del potenziale per la televisione.
Il potere di condividere responsabilità
Un altro motivo che ha portato Mediaset ad abbandonare il campo è riferibile ai costi del doppiaggio. A distanza di tempo, sappiamo che questo è un problema superabile e superato. Società specializzate come Yamato Video e Dynit possono collaborare e attualmente collaborano con piattaforme streaming e broadcaster per portare un prodotto d’animazione nella loro rete distributiva in cambio dei diritti per l’home video o altri tipi di diritti.
I costi e le responsabilità sono così condivisi. Yamato Video e Dynit acquistano un anime in Giappone, lo doppiano in italiano, offrono a Prime Video (i casi di Bleach e Hunter x Hunter) e a Mediaset (i casi di Fire force e My hero Academia) la trasmissione online o televisiva guadagnando così quella visibilità che sarà poi utile per la vendita home video o la successiva distribuzione su propri canali autonomi. Un circolo virtuoso che è ricco di vantaggi e si può definire vincente per il recupero degli anime più lunghi del recente passato.
Lunga serialità vs. Miniserie
Come per le produzioni con attori in carne ed ossa, anche l’animazione giapponese si può suddividere in lunga serialità e miniserie. Goldrake U si colloca nel secondo cerchio (13 episodi e già concluso), al contrario ad esempio di One Piece (1100+ episodi, ancora in corso). Esistono poi gli anime stagionali suddivisi in più parti nel corso degli anni ed è la forma più adottata ultimamente (come per Bleach: Thousand-Year Blood War, la cui terza parte si è appena conclusa su Disney+).
Italia1 per sue esigenze editoriali ha sempre preferito anime di lunga serialità che garantissero nel lunch time e nel pomeriggio una continuità di palinsesto e di alternanza con altri prodotti (Dragon Ball, Naruto), di fatto ignorando progetti di più corto respiro. Nel mezzo si colloca la media serialità (il tipico formato da 40/50 episodi, oggi però sempre più raro in unica tranche), anche questa adottata da Italia1 ma nella sua fase più censoria (È quasi magia Johnny, Georgie, Lady Oscar).
Saper scegliere e posizionare
Ecco che tra tutte queste difficoltà tecniche, il dirigente televisivo capace dovrebbe destreggiarsi e comprendere il prodotto più adatto alle esigenze. Qualcosa che si fa per le serie live action e che non si è voluto più fare per gli anime, derubricando il tutto a “cose da ragazzi per Rai Gulp, Boing e compagnia”. Eresia. Potrei dire allora che S.W.A.T., 9-1-1 e derivati siano solo materiale da Rai Crime, qualora esistesse.
Prima di arrivare alle idee per Rai2 e Nove, ricapitolo come andrebbero individuati gli anime più adatti ai palinsesti italiani, fermandomi ai punti principali di una lista che sarebbe molto più lunga e dettagliata.
Conoscere il calendario delle produzioni animate diviso per le stagionalità televisive in Giappone, tramite emittenti e studi di produzione.
Categorizzarle in base all’importanza e al bacino di pubblico: se è un primo adattamento di un’opera (manga/light novel/etc) popolare o non, se si tratta di una nuova stagione di un anime in corso, se è un remake o se è un prodotto totalmente originale.
Scegliere tra le tipologie di serialità e poi in base alle tematiche dell’anime e al pubblico cui si rivolge: bambini, adolescenti oppure adulti.
Saper giudicare se l’anime è affine all’identità di rete e alle possibilità di posizionamento in palinsesto.
Comprendere quali degli anime hanno già accordi di licenza internazionale tramite le principali piattaforme streaming, conoscere se questi accordi sono totali o se hanno esclusioni per la trasmissione televisiva. O, nei casi più fortunati, se ci sono margini per l’esclusiva.
Cercare eventuali collaborazioni con società esterne per la condivisione di licenze, nel caso in cui questo sia permesso.
Le possibilità di Rai2 e di Nove
Se Rai2 ha il buon esempio di Goldrake U di cui approfittare, Nove non ne ha alcuno. E sono due reti con esigenze molto diverse. Allora perché includere il canale di punta di Warner Bros. Discovery in questi scenari ipotetici? La ragione sta in un palinsesto daytime ancora tutto da costruire e nella possibilità di inserirsi in un contesto abbandonato da Italia1, quasi come fosse un dispetto. La rete giovane di Mediaset ha fatto di tutto per contrastare Amadeus sul Nove, sfruttando NCIS con episodi doppi. Nove, al contrario, non si è mai “vendicata”. Eppure, WBD potrebbe giocare la carta del “lunch time” a tutto anime per puntare ancora di più a giovani ormai abbandonati da Italia1 con le repliche ultradecennali e usurate de I Simpson.
Di cosa avrebbe bisogno Rai2
Dicevo di due reti con esigenze diverse. Rai2 non ha spazi da poter dedicare nel daytime, a base molto over. In prima e seconda serata, tramite la Direzione Cinema e Serie Tv di concerto con quella Kids (per la successiva riproposizione su RaiGulp), potrebbe invece approfittare di alcuni slot per poter costruire e organizzare delle serate di animazione giapponese.
Rai2 è una rete con una componente accentuata di over 45. Questo significa rivolgersi a un target adulto, con un anime che non lo scontenti del tutto ma che possa attirare anche una fetta di target commerciale più giovane (non giovanissimo). Sono preferibili le miniserie per programmazioni mirate e più variegate. Tuttavia, non escluderei le potenzialità di una lunga serialità per un franchise importante. D’altronde, Rai2 ha tanti telefilm crime americani pluristagionali in palinsesto.
Cosa farei dopo Goldrake U? Punterei su un brand storico, importante in Giappone, che in Italia non è stato adeguatamente sfruttato. Con Goldrake condivide delle similitudini: ha per protagonisti i robottoni mecha, le tematiche sono adulte e molto attuali, ha una storia di alti ideali. Sto parlando di Mobile Suit Gundam. E più nello specifico di Mobile Suit Gundam 00, uno dei capitoli del franchise prodotto dallo studio d’animazione Sunrise che di recente ha avuto anche una serie in computer grafica su Netflix.
Mobile Suit Gundam 00 risale addirittura al 2007, eppure l’opera fantascientifica (inedita in Italia) è ancora oggi modernissima e non ha nulla da invidiare a Goldrake U nei parametri tecnici, anzi. La trama è articolata e ricca di spunti che, riletti oggi, fanno quasi “paura” per la potenza di alcune previsioni: parla infatti di crisi dei combustibili, guerre fredde, industria delle armi, un'organizzazione che pensa di portare la pace con interventi militari, robottoni e spazio. Qui una scheda più esaustiva.
Questo anime si compone di due stagioni da 25 episodi ciascuna. Il franchise di Sunrise ha prodotto anche altre serie, ambientate nello stesso universo narrativo ma in epoche diverse. Mobile Suit Gundam: Iron-Blooded Orphans (del 2015, due stagioni per un totale di 50 episodi), da noi arrivata solo con sottotitoli in italiano tramite Dynit; o la più recente Mobile Suit Gundam: The Witch from Mercury (del 2022, da 24 episodi), anche questa unicamente sottotitolata su Crunchyroll, che dietro delle ragazzine protagoniste cela temi importantissimi, dall’eticità tecnologica alla bisessualità.
Bellissimo e lontanissimo da lotte nello spazio è invece Violet Evergarden, anime in 13 episodi che nel 2018 venne distribuito da Netflix con doppiaggio. È la storia di un’ex soldatessa segnata dalla guerra che si trasforma in una sorta di “postina”, scrittrice di commoventi lettere su commissione per (re)imparare le emozioni umane.
Sono invece da escludere anime famosissimi con scene troppo violente per una trasmissione nel prime time italiano di Rai2. Mi riferisco a grandi successi quali Jujutsu Kaisen, Demon Slayer o a cult come Dororo che in altri tempi avrebbero trovato terreno fertile su una Rai4 diretta da Carlo Freccero o nelle serate della MTV Anime Night dei tempi d’oro. Anche una seconda serata su Rai2 sarebbe problematica per i prodotti citati.
Un’altra strada percorribile da Rai2 è quella dei film d’animazione giapponesi. Le opere dello Studio Ghibli in Tv sono rarissime. Non vediamo da tempo Il castello errante di Howl, La tomba delle lucciole o La città incantata. Tanti gli altri lungometraggi meritevoli di un passaggio in chiaro: Your Name, La forma della voce, Weathering with you, Suzume, Akira, Steamboy, Wolf children. Di futura uscita è La Rosa di Versailles, film su Lady Oscar.
Di cosa avrebbe bisogno Nove
Al contrario di Rai2, il canale Nove avrebbe bisogno di strutturare un daytime e potrebbe farlo stuzzicando quel pubblico che un tempo fu di Italia1, attirando al contempo i giovani tra i 15 e i 34 anni. Questo significherebbe concentrare gli sforzi su anime pop dalla grande presa, di lunga serialità e possibilmente derivanti da opere di magazine come Weekly Shonen Jump che ospitano i manga più noti.
Anche in questo caso, per WBD sarebbe possibile recuperare anime del passato che non sono mai stati proposti con un passaggio sulla Tv in chiaro. Tra i tanti cito il remake di Hunter X Hunter del 2011 che avrebbe due vantaggi: il titolo è già noto per l’originale che andò su Italia1 e il doppiaggio dei 148 episodi è già stato effettuato da Dynit per la distribuzione su Prime Video avvenuta nel 2022. Hunter X Hunter, un “battle shonen” a trazione prettamente maschile, potrebbe anche continuare a trainare perfettamente il pomeriggio crime di Nove. Al genere battle shonen appartiene anche Black Clover, anime del 2017 da 170 episodi tutt’oggi privo di doppiaggio.
Arrivando al presente, ci sono Dragon Ball: Daima, opera postuma di Akira Toriyama, e l’adattamento animato di Sakamoto Days (dallo studio di Lupin III), entrambi attualmente in simulcast e simuldub su Netflix. Le licenze televisive potrebbero essere ancora da assegnare, e quello di Dragon Ball rappresenterebbe un colpaccio qualora Mediaset non avesse presentato offerte. Anche Dr. Stone, giunto alla quarta stagione e con più di 50 episodi, riuscirebbe a mettere d’accordo famiglie e adolescenti più nerd: protagonista è un ragazzo scienziato che sopravvive in un mondo post-apocalittico tornato all’età della pietra. L’unico difetto sarebbe una narrazione a tratti infantile.
Altro genere appetibile per un daytime sono gli isekai, ovvero anime ambientati in dimensioni parallele, solitamente con il protagonista che dalla realtà si ritrova immerso o catapultato in un mondo fantasy o da videogiochi. Sword Art Online, visto su Rai4, che poi ha generato tante altre serie, ne è il modello principe. Le trame degli isekai possono tuttavia avere temi forti e problematici per un passaggio all’ora di pranzo. Più leggeri e di genere fantasy di stampo più classico, sono tre anime apprezzati da critica e pubblico, già doppiati per Crunchyroll: si tratta di Frieren - Oltre la fine del viaggio (28 episodi, ancora in corso), Ranking of kings (33 episodi) e To your eternity (40 episodi).
L’argomento è, insomma, vastissimo da trattare, meritevole di attenzione e di studio. Fin troppo dimenticato dai dirigenti televisivi. A differenza di alcune altre Nazioni europee, la Tv italiana ha avuto un’antica tradizione per gli anime che poi, però, è andata perdendosi. I veri appassionati si augurano sempre un rinnovato interesse per l’animazione giapponese in Italia. Il riscontro di Goldrake U è una rarissima occasione da sfruttare per dare voce a questo sentimento.